CHE COSA SONO I DERIVATI
I derivati sono strumenti finanziari complessi che, per la loro enorme diffusione sui mercati di capitali – consolidatasi nei primi anni dopo il Duemila – hanno finito per acquisire un ruolo di assoluta centralità nell’intera economia globale.
Come si evince dal loro stesso etimo, i derivati non sono titoli muniti di un proprio valore intrinseco bensì derivano il loro valore da altri prodotti finanziari ovvero da beni reali alla cui variazione di prezzo essi sono agganciati: il titolo o il bene la cui quotazione imprime il valore al derivato assume il nome di sottostante (in inglese: underlying asset).
In linea astratta, i derivati possono assolvere tanto ad una funzione protettiva (ossia di copertura) da uno specifico rischio di mercato quanto ad una finalità meramente speculativa.
Nel concreto, non può negarsi che sui mercati finanziari globali i derivati si siano affermati soprattutto quale mezzo di speculazione.
Ogni derivato ha ad oggetto una previsione (o, se si vuole, una scommessa) sull’andamento futuro di un particolare indice di prezzo, come ad esempio quotazioni di titoli, tassi d’interesse, tassi di cambio tra valute diverse, prezzi di merci o di materie prime, ecc.
Una delle caratteristiche peculiari del derivato è quella di essere uno strumento finanziario acquistabile sui mercati da un numero indefinito di scommettitori che non vantano alcun rapporto diretto col titolo (o col bene) sottostante o che, in altre parole, non sono direttamente coinvolti nell’operazione finanziaria dal cui andamento il prodotto derivato trae il suo valore.
E’ un po’ come se a mille persone fosse concesso di accendere una polizza assicurativa scommettendo sulla possibilità che un medesimo bene reale, di cui essi non sono titolari, vada in deperimento (per furto, incendio, ecc.).
Pertanto, nella pratica finanziaria è permesso a chiunque di comprare un derivato il cui valore è collegato al rischio di solvibilità di un altro soggetto (come il titolare di un prestito).
In quest’ultimo caso, gli acquirenti di un derivato scelgono di scommettere sulla capacità del debitore di onorare quel determinato prestito.
La conseguenza è che, se l’operazione sottostante va male per gli scommettitori, l’effetto di leva del derivato moltiplica il rischio finanziario fino a fargli assumere una portata sistemica, come in effetti sta accadendo nel corso della grande crisi che stiamo vivendo.
A seguito dello scoppio della bolla finanziaria, avvenuto tra il 2007 ed il 2008, i soggetti protagonisti della finanza internazionale sono riusciti, tramite i derivati, a scaricare le conseguenze della crisi sui settori produttivi dell’economia reale (le imprese) e sugli enti pubblici (quindi, in fin dei conti, sulla stessa collettività).
Nei rapporti tra banche e clienti (imprese ed enti pubblici), si è registrata negli ultimi anni un’imponente diffusione di una ben determinata categoria di prodotti derivati, gli swap, quasi sempre presentati come utili strumenti di copertura dai rischi di mercato.
Molti problemi però sono sorti in quanto la negoziazione dei prodotti swap venduti ai clienti delle banche è avvenuta per la maggior parte al di fuori dei mercati regolamentati (in inglese: Over The Counter).
In sostanza, le banche in numerosi casi hanno venduto ai loro clienti dei prodotti derivati privi degli elementi standard definiti dalle autorità di mercato e con delle caratteristiche molto spesso decise unilateralmente dalle sole banche (ad esempio, negoziando strumenti derivati O.T.C., le banche hanno avuto ampio margine nel definire autonomamente elementi quali il sottostante, il moltiplicatore in euro, le scadenze di negoziazione, il movimento minimo di prezzo, i prezzi di chiusura, i prezzi finali per il regolamento, ecc.).
In tale contesto, molti clienti (pubblici e privati), essendo privi della competenza tecnica necessaria per compiere operazioni di tale complessità, hanno inconsapevolmente sottoscritto dei derivati dannosi per il proprio equilibrio finanziario e in cui non si è riscontrata la giusta corrispondenza tra la struttura del prodotto e le finalità che con esso ci si era prefissati di perseguire.
Questo sito, curato da Giuseppe Angiuli (avvocato civilista), intende offrire materiali e spunti di riflessione a tutti gli interessati attorno alla questione degli strumenti derivati, provando a fornire anche delle possibili ipotesi di soluzione a favore dei soggetti che dovessero, loro malgrado, essere incappati in tale insidioso meccanismo.
Alcuni esempi di derivati SWAP
Nel mondo finanziario esistono diverse tipologie di derivati: Swap, Options, Futures, Forwards e altri ancora, ciascuno dei quali presenta una sua peculiarità e comprende a sua volta dei suoi sottoinsiemi.
Qui vediamo soltanto alcune sottotipologie di swap.
INTEREST RATE SWAP
E’ una delle forme più diffuse di derivato finanziario.
Nel suo caso, l’elemento sottostante è costituito dall’andamento dell’indice di un tasso di interesse.
Le due parti (la banca ed il cliente) si obbligano ad effettuare dei reciproci pagamenti, secondo un piano di scadenze concordate, sulla base di un differenziale tra due tassi di interesse diversi (di solito uno fisso ed uno variabile) entrambi applicati ad un determinato capitale nozionale di riferimento.
In linea teorica, una impresa può essere interessata a stipulare un contratto IRS per contrastare o eliminare l’incertezza legata ad un debito contratto a tassi variabili, specie in un contesto previsionale di ipotetico rialzo dei tassi: in tal caso, il prodotto dovrebbe assolvere alla cosiddetta funzione di copertura.
Spesso però nella pratica si è riscontrato che le banche abbiano venduto dei prodotti IRS di scarsa o di nessuna utilità per il cliente (impresa o ente pubblico).
Ad esempio, nel recente periodo triennale di tendenza al ribasso dei tassi, molti clienti sono stati paradossalmente penalizzati dal fatto di avere negoziato un IRS che, nonostante il fine dichiarato fosse quello di proteggerli da un rischio di rialzo dei tassi, li ha infine costretti a pagare alle banche dei cospicui differenziali tra il tasso fisso imposto dalla controparte e il tasso effettivo vigente al momento della scadenza (o delle scadenze) dei singoli flussi.
COMMODITY SWAP
Il commodity swap è un derivato collegato al prezzo di una merce o materia prima.
Le due parti (la banca e il cliente) si accordano per scambiarsi tra loro un prezzo fisso concordato contro un prezzo variabile, da determinarsi sulla base di parametri collegati al costo futuro della merce o materia prima sottostante.
Durante l’efficacia del contratto ed alla fine di ogni periodo di riferimento, si possono presentare due distinte situazioni:
il prezzo variabile è più alto del prezzo fisso: la controparte pagatrice del prezzo variabile corrisponderà il differenziale, se positivo, tra prezzo variabile e prezzo fisso moltiplicato per la quantità per il periodo di riferimento.
il prezzo variabile è più basso del prezzo fisso: la controparte pagatrice del prezzo fisso corrisponderà il differenziale, se positivo, tra prezzo fisso e prezzo variabile moltiplicato per la quantità per il periodo di riferimento.
La funzione del commodity swap dovrebbe essere quella di garantire il cliente dal rischio di oscillazione del prezzo di un determinato bene. Detto prodotto può essere funzionale sia a chi agisce su un mercato con funzione di venditore (ad esempio, un produttore di un bene alimentare) e voglia garantirsi dal rischio di eccessivo ribasso del prezzo di una merce e sia a chi agisce come importatore/acquirente di una determinata materia prima (ad esempio, petrolio, rame, ecc.) e voglia tutelarsi dal rischio di eccessivo rialzo del prezzo della stessa commodity.
CREDIT DEFAULT SWAP
Il Credit Default Swap è una sorta di polizza assicurativa emessa a copertura del rischio di insolvenza creditizia.
Questo il suo schema-base: un venditore di protezione (protection seller) interviene in un rapporto pre-esistente tra un compratore di protezione (protection buyer) ed un terzo soggetto debitore del secondo (ad esempio, l’emittente di una obbligazione).
Il compratore di protezione, per evitare di sobbarcarsi (totalmente o solo parzialmente) il rischio di insolvenza del terzo soggetto (definito reference entity) preferisce cedere una quota del rendimento del suo credito (ossia, di solito, una quota dei suoi interessi attivi) a favore del protection seller: quest’ultimo, in cambio di tale beneficio, si impegna ad accollarsi tutta o una parte dell’eventuale perdita che il compratore di protezione dovesse subire in caso di insolvenza del terzo soggetto (reference entity).
Di recente, i CDS sono stati emessi in copiosissima quantità in relazione ai titoli del debito pubblico sovrano dei Paesi dell’area-Euro, contribuendo in misura decisiva all’ampliamento dello spread di rendimento tra i titoli dei Paesi relativamente più forti (come la Germania) e quelli dei Paesi più deboli (come la Grecia).