LEGITTIMA LA DECISIONE DI UN ENTE LOCALE DI ANNULLARE IN AUTOTUTELA LE OPERAZIONI IN STRUMENTI DERIVATI. IL CONSIGLIO DI STATO DA’ (PROVVISORIAMENTE) RAGIONE ALLA PROVINCIA DI PISA
Consiglio di Stato, sez. V, 7 settembre 2011 n. 5032
Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli
La sentenza in rassegna, pur non avendo ancora posto la parola “fine” all’inedito contenzioso tra un ente pubblico locale e due banche estere, sembra comunque essere destinata a rivestire il ruolo di “pietra miliare” nel campo dell’attività di negoziazione di strumenti derivati con coinvolgimento di enti pubblici territoriali.
Nel 2006 la Provincia di Pisa indice una gara ufficiosa al fine di reperire un soggetto del mondo finanziario a cui affidare la mission di ristrutturare il proprio debito derivante dai mutui già accesi ed ancora pendenti.
Nel giugno 2007, con l’aggiudicazione definitiva, la scelta dell’ente pubblico ricade sull’offerta presentata da due istituti all’uopo riunitisi in associazione temporanea di imprese: la DEPFA Bank Plc (banca di diritto irlandese con sede legale in Dublino) e la DEXIA Crediop S.p.A. (filiale italiana del gruppo franco-belga DEXIA, del cui stato di dissesto si è recentemente data notizia sugli organi di stampa).
Il piano di ristrutturazione del debito prevede l’emissione di obbligazioni da parte dell’amministrazione provinciale (ad un tasso agganciato all’EURIBOR ma maggiorato di uno spread dello 0,063%): i bond sono subito sottoscritti dalle banche aggiudicatrici e la relativa provvista viene contestualmente impiegata dall’ente per estinguere i mutui allora in essere.
L’azione amministrativa sembra essere in un primo momento giustificata da un ragionevole interesse pubblico che ne sorreggerebbe la legittimità e convenienza alla stregua della norma generale ex art. 41, legge n. 448 del 2001: la Provincia, infatti, conta di ottenere dall’operazione un concreto risparmio non solo nell’immediato (sottraendosi alle incombenti rate d’ammortamento per i mutui pendenti) ma anche a lungo termine (riducendo la sua complessiva esposizione debitoria). L’offerta messa a punto dalle due banche prevede che all’emissione di bonds provinciali si affianchi un derivato del tipo interest rate swap a tutela dal rischio di eccessivo aumento del tasso-EURIBOR e che comunque l’amministrazione provinciale possa sganciarsi in qualunque momento – e a costo zero – dall’operazione.
Ma nel giugno 2009 finisce l’illusione: l’amministrazione provinciale di Pisa, previo espletamento di una consulenza tecnica affidata ad una società specializzata, si rende presto conto della non convenienza dell’operazione di ristrutturazione del proprio debito e si determina unilateralmente per il suo annullamento d’ufficio in autotutela.
In particolare, soltanto in quel momento emerge agli occhi degli amministratori dell’ente il valore negativo (pari a € 638.500,00) che lo swap avrebbe avuto fin dal momento stesso della sottoscrizione dell’operazione, implicando pertanto dei costi impliciti a carico della Provincia incompatibili con il principio di convenienza pubblica dell’operazione finanziaria. Ancora più in dettaglio, gli esperti “sguinzagliati” dall’ente pubblico si rendono conto che, al momento di negoziare il prodotto swap, l’ente ha acquistato un cap (strumento a copertura del rischio di eccessivo rialzo dell’EURIBOR) il cui valore era addirittura inferiore al floor contestualmente ceduto alle due banche (laddove il floor è strumento di natura complementare al cap, in quanto volto alla copertura del rischio di eccessivo ribasso di un tasso).
A questo proposito, l’art. 3 della circolare esplicativa emanata dal Ministero dell’Economia il 27.5.2004 ha chiarito agli enti territoriali che l’acquisto di un cap e la contestuale vendita di un floor, realizzando una complessa operazione denominata collar, possono essere consentiti “unicamente al fine di finanziare la protezione dal rialzo dei tassi di interesse fornita dall’acquisto del cap”.
I due istituti bancari non ci stanno alla decisione dell’amministrazione provinciale e la impugnano dinanzi al T.A.R. della Toscana che, in primo grado, dà ragione alla Provincia di Pisa.
Il Consiglio di Stato, investito del gravame, ha quindi affrontato una serie di questioni giuridiche di indubbia rilevanza.
In primo luogo, i giudici di Palazzo Spada hanno respinto l’eccezione sollevata dai due istituti bancari mirante ad affermare la giurisdizione inglese nella fattispecie de qua, sulla base di una clausola negoziale che sottoponeva le vicende scaturite dal contratto swap sia alla legge che al giudice british: a questo proposito, essi hanno chiarito che una clausola di deroga alla giurisdizione nazionale può valere unicamente per le questioni di esecuzione ed interpretazione di un accordo contrattuale (agreement) ma non può certo estendersi fino ad includere il sindacato sul corretto esercizio di un potere autoritativo della P.A. italiana.
Esaminando poi la natura giuridica della decisione dell’amministrazione provinciale (se autoritativo-pubblicistica ovvero negozial-privatistica) la quinta sezione ha affermato che l’esercizio di detto potere di annullamento ricade nella normale azione di autotutela a presidio dell’interesse pubblicistico e ciò anche in una situazione in cui, dopo l’aggiudicazione definitiva, sia già intervenuta la stipula di un contratto tra le parti: sotto questo profilo, l’annullamento dell’aggiudicazione è stato comunque ispirato dalla valutazione (ancorchè tardiva) sull’antieconomicità dell’operazione in derivati e trova vieppiù sostegno se si tiene conto che il comma 136 della legge finanziaria per il 2006 ha generalmente consentito agli enti pubblici di annullare in autotutela anche propri atti ritenuti legittimi, purchè ciò sia ritenuto funzionale al conseguimento di risparmi o minori oneri finanziari per la collettività.
Una tale decisione dell’amministrazione, dunque – a detta del Consiglio di Stato – non riveste natura di recesso unilaterale dal contratto in essere e pertanto il suo sindacato deve senza dubbio ricadere nella giurisdizione del giudice amministrativo.
Nel verificare in concreto il potere di autotutela esercitato dall’ente provinciale con i provvedimenti impugnati, i giudici, sancendo una prima importante vittoria per la P.A., hanno dichiarato di non ravvisarvi alcuna violazione evidente dei princìpi che, in via generale, regolamentano l’esercizio di tale potere: adeguata motivazione del provvedimento, ponderata valutazione dei contrapposti interessi in gioco (pubblico e privato), tempestività dell’autotutela, rispetto delle garanzie partecipative nel procedimento amministrativo.
Con riferimento alla valutazione degli interessi in campo, nella fattispecie l’interesse pubblico consisterebbe nella necessità di eliminare la violazione dei princìpi di economicità e convenienza finanziaria su cui avrebbe comunque dovuto fondarsi, ai sensi dell’articolo 41 della legge 448/2001, l’operazione di ristrutturazione del debito della Provincia di Pisa, ma soprattutto (profilo sostanziale) nella necessità di far venir meno quei “costi impliciti” (qualora dimostrati), originariamente non conosciuti e non conoscibili, destinati a gravare sulle risorse dell’ente per tutta la durata dell’operazione stessa.
Altrettanto significativa è la valutazione fornita sulla ragionevolezza dei tempi con i quali l’amministrazione provinciale di Pisa è giunta alla decisione di annullare le operazioni in strumenti derivati: secondo il Consiglio di Stato, è pienamente comprensibile che una decisione di questo tipo sia stata adottata a due anni di distanza dalla negoziazione dello swap, stante l’oggettiva difficoltà della P.A. di riscontrare ed apprezzare la sussistenza dei ricordati “costi impliciti” dell’operazione finanziaria.
Nessuna rilevanza è stata data al principio (invocato dalle banche) di tutela dell’affidamento sulla legittimità dell’aggiudicazione, potendo anzi ascriversi alla responsabilità delle stesse banche la omessa enunciazione, al momento della presentazione della loro offerta, dei ridetti “costi impliciti”.
La partita non può comunque ancora dirsi chiusa, a causa del fatto che le banche hanno reiteratamente contestato la stessa sussistenza, all’inizio dell’operazione, di quel differenziale negativo tra cap e floor che avrebbe costituito la fonte dello squilibrio economico iniziale nella struttura del derivato.
Quindi, ritenendo di non potere autonomamente verificare la fondatezza di tale asserzione, giacchè basata su considerazioni tecniche di natura economico-finanziaria, i giudici del Consiglio di Stato hanno disposto una consulenza tecnica d’ufficio al fine di fare accertare l’effettiva convenienza dell’operazione per la Provincia, alla luce dell’art. 41, legge n. 441/2001, rinviando al suo esito la decisione finale dell’appello.
Un principio di grande importanza resta comunque sancito dal supremo consesso della giustizia amministrativa: qualora un ente pubblico sia in grado di provare lo squilibrio iniziale di uno strumento derivato, è legittima la decisione di annullare l’operazione agendo entro i margini dell’autotutela.
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