NULLI I CONTRATTI DI FINANZA DERIVATA STIPULATI DAL COMUNE DI TURI
Commento a cura dell’avv. Giuseppe Angiuli
Con sentenza n. 5453/2018, pubblicata il 31 dicembre 2018, il Tribunale Civile di Bari ha dichiarato la nullità di una operazione in derivati finanziari interest rate swap di tipo collar che vedeva vincolato il Comune pugliese di Turi.
L’operazione aveva preso avvio nel luglio del 2005, allorquando l’amministrazione comunale decideva di procedere ad una generale ristrutturazione della sua esposizione debitoria, liberandosi del rapporto con Cassa Depositi e Prestiti e rivolgendosi da quel momento al mercato finanziario mediante l’emissione di buoni obbligazionari per un valore di circa 7 milioni di euro.
Sotto la guida dell’allora Banca OPI (che poi sarebbe stata assorbita da Intesa-Sanpaolo), il Comune era stato dunque convinto della presunta necessità di affiancare al prestito obbligazionario a tasso variabile uno strumento finanziario ricadente nella categoria dei derivati sui tassi d’interesse (precisamente un prodotto interest rate swap di tipo collar) la cui funzione avrebbe dovuto essere quella di coprirsi dal rischio di un eccessivo rialzo dei tassi nel lungo periodo.
Nella fattispecie in commento, il giudice monocratico della IV^ sez. civile, dott.ssa Rosanna Angarano, ha ravvisato gli estremi per pronunciare una nullità negoziale di tipo formale, stante la riscontrata carenza di sottoscrizione da parte di un legale rappresentante dell’ente locale in calce al contratto quadro previsto dall’art. 23, d. lgs. n. 58 del 1998 (TUF).
La banca ha provato a difendersi sostenendo la tesi per cui la regolare conclusione del contratto-quadro avrebbe potuto comunque desumersi dalla presenza di un atto di determina a firma del dirigente dell’ente locale, tramite cui la Pubblica Amministrazione si era a suo tempo impegnata a sottoscrivere operazioni di finanza derivata.
Sul punto, il Tribunale di Bari ha osservato che, per tutti i contratti stipulati da enti pubblici, affinchè sia ritenuto valido il vincolo assunto dalla parte pubblica, risulta in ogni caso indispensabile che la volontà negoziale della P.A. si sia espressa all’interno di una cornice contrattuale organica e che inoltre il contratto rechi la contestuale firma di ambo le parti contraenti, assumendo gli atti di determina dirigenziale e le delibere degli organi collegiali dell’ente locale una valenza meramente interna al processo di formazione della volontà negoziale della P.A.
Più precisamente, a detta del giudice barese “l’atto con cui le amministrazioni aggiudicatrici decretano o determinano di contrarre è atto inidoneo a fondare in capo ai terzi posizioni di interesse qualificato“, giacchè lo scopo di tali atti è unicamente”rintracciabile nella corretta assunzione di impegni di spesa nell’ambito del controllo e della gestione delle risorse finanziarie dell’ente pubblico, esaurendo gli effetti nell’ambito interno all’amministrazione stessa“.
Alla luce del siffatto principio, anche un’eventuale presenza contestuale di un atto interno all’ente pubblico e di un contratto quadro sottoscritto dalla sola banca – com’è avvenuto nella fattispecie in esame – non può valere ad integrare gli estremi di un valido accordo delle parti agli effetti di cui all’art. 1325 c.c.
In conseguenza della riscontrata violazione dell’obbligo di forma solenne ex art. 23, d. lgs. n. 58 del 1998 e della dichiarata nullità del contratto quadro, il Tribunale di Bari ha esteso gli effetti di tale invalidità formale alla connessa acquisizione del prodotto interest rate swap e, stante il venire meno della causa giustificativa delle attribuzioni patrimoniali avvenute in esecuzione del negozio nullo, ha conseguentemente applicato la disciplina dell’indebito oggettivo, di cui agli artt. 2033 e segg. c.c.
Pertanto, a conclusione della causa, il Comune di Turi, assistito dallo studio legale Angiuli, ha ottenuto la condanna dell’istituto Intesa-Sanpaolo a restituire alla collettività tutte le perdite addebitate in costanza del rapporto contrattuale, per una complessiva somma di poco superiore agli ottocentomila euro, maggiorata degli interessi legali.
La decisione del Tribunale di Bari non è la prima di questo genere nel campo dei rapporti fra enti locali e finanza derivata e probabilmente non sarà nemmeno l’ultima.
In questi ultimi anni, il ricorso massiccio delle pubbliche amministrazioni ai contratti derivati è spesso stato accompagnato, come nella fattispecie che riguarda il Comune di Turi, da una non attenta valutazione di tutti i notevoli rischi economici connessi a questo tipo di operazioni.
Nella fattispecie in commento, gli aspetti critici rilevanti sotto il profilo tecnico-finanziario che connotavano l’acquisto del collar non sono stati finanche esaminati nel merito dal Tribunale di Bari, dato il carattere assorbente rivestito dal profilo formale della rilevata omessa sottoscrizione, da parte del legale rappresentante dell’ente locale pugliese, del contratto quadro, un elemento ritenuto decisivo dal giudice e che rende del tutto analoga la vicenda giudiziaria in discorso a quella che qualche anno addietro aveva investito il Comune di Rimini (cfr. Trib. Rimini, sent. n. 1523 del 2010, Comune di Rimini c. Unicredit, pubbl. in www.ilcaso.it).
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