Informazioni e osservatorio legale sugli strumenti finanziari derivati
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LA CORTE DEI CONTI DENUNCIA IL PERICOLO DERIVATI E CHIEDE AGLI AMMINISTRATORI LOCALI DI AGIRE CONTRO LE BANCHE CHE HANNO VENDUTO LORO CONTRATTI DERIVATI

Gli enti locali che hanno sottoscritto strumenti finanziari derivati negli scorsi anni dovrebbero adottare “doverose iniziative volte alla risoluzione di contratti eccessivamente onerosi”. È uno dei passaggi della relazione del Procuratore Generale della Corte dei Conti presentata lo scorso 5 febbraio, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario.
Nella stessa relazione si sottolinea come gli enti locali che intendessero avviare delle cause contro le banche che hanno venduto loro i derivati potrebbero contare su “notevoli aperture” sia del giudice ordinario (che può determinare la nullità del contratto) sia del giudice amministrativo (che può annullarlo d’ufficio per i potenziali danni per l’ente sottoscrittore).
La Corte dei Conti insiste in diversi passaggi su come i rischi dei derivati siano “molti e imprevedibili”, le operazioni prevedano “già in partenza condizioni sfavorevoli”, per gli enti spesso ci siano anche “rischi aggiuntivi”. Tutto questo fa si che “la probabilità che gli enti stessi possano effettivamente beneficiare di tali contratti in termini di protezione dal rischio di tasso d’interesse si presenti come assai remota”. [Continua a leggere →]

Nello stesso momento però, la relazione ricorda come in caso di mancata denuncia, “la condotta degli amministratori potrebbe essere censurata sotto il profilo della colpa grave”. Il bastone e la carota, insomma. La tipologia di derivati qui considerati permette infatti di “mascherare” o “spostare” un debito nel tempo. Sono strumento simili a quelli utilizzati da Monte Paschi per “abbellire” i suoi bilanci o dalla Grecia per truccare i propri conti e potere così entrare in Europa. Al posto di un debito l’ente in questione sottoscrive una scommessa basata su complicatissimi calcoli finanziari e dall’esito (quasi) sempre sfavorevole. I danni possono essere giganteschi. Nel breve termine, però, i debiti diminuiscono, e l’ente locale, la banca o il Paese che li hanno sottoscritti possono presentare bilanci in ordine nascondendo i problemi sotto il tappeto.
In pratica occorre quindi valutare se l’amministratore locale sottoscrive un derivato rischioso quanto incomprensibile per colpa della banca, o se invece non ci sia anche una convenienza diretta per truccare i bilanci pubblici e spostare i debiti (ingigantendoli) sulle future amministrazioni. La Corte dei Conti insiste quindi sulla “notevole apertura” del sistema giudiziario, sottolineando la disponibilità a riconoscere un comportamento potenzialmente scorretto da parte delle banche, ma ricordando che “in difetto di dette iniziative la condotta degli amministratori potrebbe essere censurata sotto il profilo della colpa grave ove si dimostri che le predette in base ad un giudizio di ragionevole prevedibilità avrebbero avuto notevoli possibilità di essere accolte”.
Un analogo invito viene fatto anche sul piano nazionale. Sempre nella relazione si legge che “l’utilizzo della finanza derivata concerne anche le amministrazioni centrali dello Stato che dagli anni 90 hanno fatto ampio ricorso a detti strumenti con possibili ripercussioni sui conti pubblici stante la natura di “debito sommerso” che i rischi collegati alla stipulazione dei contratti vengono ad assumere a tutti gli effetti”. Si ricorda come “alla data del 6 aprile 2012 il nozionale complessivo di strumenti derivati a copertura di debito emessi dalla Repubblica italiana ammonta a circa 160 miliardi di euro”.
Particolarmente interessante il passaggio in cui si cita il caso del derivato stipulato nel 1994 con la Morgan Stanley, che l’Italia ha chiuso nel 2012 con una perdita di 2,6 miliardi di euro. Sempre nella relazione della Corte dei Conti, si legge che “malgrado i chiarimenti non è ancora dato sapere ad oggi quanti dei contratti in essere prevedano delle clausole di estinzione anticipata (Additional Termination Event) come quella presente nel contratto con la Morgan Stanley. Esigenze di trasparenza ed affidabilità dei conti pubblici, anche al fine di evitare fenomeni speculativi da parte della finanza internazionale, renderebbero opportuna la conoscenza di detto dato”.
In breve, nei prossimi anni le potenziali perdite per lo Stato, tanto per l’amministrazione centrale quanto per gli enti locali, potrebbero essere enormi. La Corte dei Conti e il sistema giudiziario segnalano quanto più esplicitamente possibile la disponibilità a valutare la correttezza del comportamento delle banche che hanno venduto i derivati e i rischi e costi occulti che potrebbero portare al loro annullamento. La palla passa adesso agli stessi amministratori e alla politica. Con una semplice domanda: sono stati vittime di una finanza malata o complici di una gigantesca truffa ai danni dei cittadini e delle future generazioni?

Fonte: Sbilanciamoci.info

 

11 Febbraio 2013   Nessun commento

DERIVATI, LA PROCURA DI TRANI INDAGA SU CINQUE BANCHE: NEL MIRINO ANCHE BANKITALIA

da “Il Corriere della sera” del 1° febbraio 2013

A MOLFETTA SEQUESTRATI OLTRE 358MILA EURO. IMPRENDITORE PERDE 415MILA EURO A COPERTURA DI UN FINANZIAMENTO MAI CONCESSO

Alcune decine di persone sono indagate, a vario titolo, per usura e truffa dalla Procura di Trani nelle indagini, avviate nei mesi scorsi, sui derivati emessi da cinque banche italiane: Mps, Bnl, Unicredit, Intesa San Paolo e Credem. Si allunga così la lista delle banche finite sotto la lente di ingrandimento della procura di Trani. L’indagine sarebbe finora a carico di funzionari e dirigenti bancari che hanno proposto e fatto firmare ad imprenditori ed investitori del nord barese, territori su cui ha competenza ad indagare la magistratura tranese, titoli spazzatura che avrebbero prodotto ingenti perdite ai sottoscrittori. Nell’ambito di questa indagine i pm inquirenti, Michele Ruggero e Antonio Savasta, hanno in corso accertamenti per risalire agli ispettori di Consob e Bankitalia che avevano il compito di controllare la genuinità dei derivati offerti dalle banche ai risparmiatori. [Continua a leggere →]

 LE INCHIESTE – Dopo Siena e Roma arriva quindi anche in Puglia l’inchiesta sui derivati e la procura di Trani sta concentrando l’attenzione sull’operato della Vigilanza di Banca d’Italia. Le indagini in corso mirano proprio ad identificare gli ispettori dei due organismi di controllo (Consob e Bankitalia) nei confronti dei quali potrebbe essere ipotizzato il reato di omesso controllo. Nel mirino degli investigatori l’attività di controllo di palazzo Koch, che avrebbe omesso di sanzionare le condotte» di Mps e Banco di Napoli «in danno della clientela» per l’emissione di contratti «interest rate swap». Già lo scorso mese, a seguito di indagini delegate dalla Procura presso il Tribunale di Trani nei confronti del Banco di Napoli spa (gruppo Intesa san Paolo) e della banca Monte dei Paschi di Siena, si è proceduto al sequestro preventivo di contratti «interest rate swaps» per un valore di oltre 220 milioni di euro e la somma complessiva di circa 10 milioni di euro, di cui 4 milioni di euro equivalenti all’ingiusto profitto sinora percepito dagli istituti di credito e circa sei milioni di euro relativi ai prevedibili futuri flussi derivanti dai contratti in itinere.

IL SEQUESTRO – Intanto, la Guardia di Finanza di Molfetta ha eseguito, presso la filiale di Corato, in provincia di Bari, il sequestro preventivo di 358.157,83 euro, a seguito della denuncia sporta dal titolare di un’impresa, che si era vista addebitare la somma complessiva di circa 415 mila euro causati dalle perdite subite dopo la sottoscrizione di un contratto derivato del tipo su un valore nazionale di circa 4,5mln euro proposto dalla banca a copertura di un finanziamento richiesto dalla società, in realtà mai concesso. Oltre agli addebiti, la società ha subito anche la segnalazione a sofferenza della somma di euro 415.000,00 alla centrale rischi della banca d’italia, provocando, in questo modo, l’odierna difficoltà nell’accesso al credito da parte dell’impresa.

IL VERTICE – I magistrati di Trani e di Siena che stanno indagando sui derivati si incontreranno nelle prossime settimane per fare un punto sulle rispettive inchieste. Durante l’incontro sarà esaminata la competenza territoriale ad indagare sui presunti omessi controlli, denunciati dall’Adusbef, di Consob e Bankitalia sui derivati emessi da Mps.

1 Febbraio 2013   Nessun commento

MPS, DERIVATI A RISCHIO. POSSIBILE BUCO DA 740 MILIONI

da “La Repubblica” del 22 gennaio 2013

Nuovi guai da prodotti strutturati per il Monte dei Paschi di Siena. Dopo il caso Santorini, spunta il derivato Alexandria stipulato con Nomura. Secondo i revisori della Pwc, la banca rischia una perdita di 740 milioni di euro

MILANO – Spunta un nuovo caso derivati per il Monte dei Paschi di Siena. Nei gironi scorsi era stata scoperta una transazione con Deutsche Bank, oggi un’altra con Nomura. Il contratto, secondo la ricostruzione del Fatto che ne ha dato notizia, impone subito una correzione nel bilancio di 220 milioni di euro ma i consulenti di Pwc e Eidos stanno cercando di quantificare il buco reale nei conti del Monte che, secondo una fonte anonima citata dal giornale, potrebbe salire a 740 milioni di euro. [Continua a leggere →]

Il titolo in Borsa
L’operazione Alexandria, al vaglio anche della Procura di Siena, sarebbe servita a Mps per “abbellire il bilancio 2009” scaricando su Nomura le perdite di un derivato basato su rischiosi mutui ipotecari che poi i giapponesi avrebbero riversato sul Monte attraverso un contratto ‘segreto’ a lungo termine non trasmesso dall’allora vertice di Mps, guidato da Giuseppe Mussari e Antonio Vigni, ai revisori dei conti Kpmg e a Bankitalia.

Il Cda presieduto da Profumo, che sta cercando di far luce sui derivati ‘segreti’ sottoscritti sotto la gestione Mussari, ha già ricevuto una relazione di otto pagine dal titolo ‘Alexandria’ che verrà discussa il prossimo 24 gennaio, alla vigilia dell’assemblea di Mps, e in cui si parla anche di un altro derivato in perdita per il Monte, l’operazione ‘Santorini’. La relazione, firmata dall’ad Fabrizio Viola, sottolinea che “a fronte dei possibili impatti patrimoniali” derivanti da queste “operazioni strutturate” il cda ha aumentato da 3,4 a 3,9 miliardi di euro le richieste di Monti Bond al Tesoro.

Le reazioni dei protagonisti
Il caso Alexandria ha provocato un botta e risposta tra i protagonisti. Nomura, banca controparte dei senesi nel derivato sotto esame, ha dichiarato che “l’operazione è stata rivista e approvata prima dell’esecuzione ai più alti livelli all’interno del Monte Paschi, incluso il consiglio di amministrazione e il presidente Mussari, ed era stata esaminata dai revisori di Kpmg”. La banca giapponese ha aggiunto che “si è comportata correttamente, e ha vinto il mandato grazie al prezzo competitivo della sua proposta”. Versione contestata dai revisori contabili, che hanno messo per iscritto “di non essere mai stata messa a conoscenza di alcun accordo di natura riservata risalente al 2009 tra Mps e Nomura”. Anche la banca senese, con due comunicati, ha voluto dire la sua. Nel primo, informando che un cda entro metà febbraio darà completa trasparenza su tutte le operazioni strutturate della passata gestione; nel secondo, informando che il caso Alexandria non è mai passato al vaglio del cda Monte dei Paschi (con ciò, forse, configurando una condotta inappropriata da parte del vertice uscito l’anno scorso).
Perfino il capo del collegio sindacale Mps dell’epoca ha avuto parole poco rassicuranti a riguardo: “Non ricordo se un’informativa sul caso Alexandria sia mai stata portata in consiglio.- ha detto Tommaso Di Tanno, ex presidente del collegio sindacale – Se lo è stato fatto era talmente paludata da essere incomprensibile”.

Le polemiche
“I contribuenti italiani hanno il sacrosanto diritto di conoscere la genesi fedele delle operazioni spericolate in derivati, denominate ‘Santorini’ ed ‘Alexandria’, messe in piedi nel 2009 dall’attuale presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, e soprattutto perchè sia la Consob che Bankitalia non hanno mosso rilievi a tali rischiose operazioni che ne hanno minato la stabilità”, ha chiesto il presidente dell’Adusbef, Elio Lannutti, sperando che la vigilanza sia in grado di chiarire l’esatta genesi dei derivati ‘segreti’ sottoscritti sotto la gestione Mussari”. Da Siena, Comune e Provincia, grandi elettori della fondazione Mps che è primo azionista della banca, hanno preso le distanze in modo polemico dall’avvocato di Catanzaro che era stato numero uno dell’ente socio, per poi “scendere” in banca nel 2006. L’ex sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi (Pd), ha chiesto che il nuovo management della banca intraprenda un’azione di responsabilità contro la passata gestione, per “le ipotesi di gravi irregolarità che stanno emergendo”. Così ha detto invece il presidente della Provincia di Siena, Simone Bezzini: “Auspichiamo venga fatta chiarezza sulle vicende e sulle eventuali responsabilita oggi emerge con forza quanto lo scorso anno fosse urgente il rinnovamento: una svolta radicale che era necessaria per affrontare una situazione di estrema difficoltà che già allora si stava manifestando. Secondo gli analisti finanziari, che hanno guidato il mercato a vendite pressanti dell’azione Mps, il danno è più che altro reputazionale, perchè la banca aveva già informato di un ampliamento di 500 milioni del prestito Monti bond, per far fronte alle perdite. La notizia ha un “impatto negativo dal punto di vista reputazionale” della banca, hanno scritto gli analisti di Equita -. “Sotto il profilo quantitativo il calo degli spread sui titoli di stato dovrebbe permettere di assorbire agevolmente questa nuova perdita”.

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23 Gennaio 2013   Nessun commento

DERIVATI, CONDANNATE LE BANCHE PER TRUFFA AL COMUNE DI MILANO

da “La Repubblica” del 19 dicembre 2012


A Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank è stata comminata una pena pecuniaria da un milione di euro a testa, inoltre sono stati confiscati complessivamente ai quattro istituti 88 milioni. Robledo: “Sentenza storica”.
Punito uno dei meccanismi finanziari che hanno innescato la crisi globale

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19 Dicembre 2012   Nessun commento

DERIVATI AGLI ENTI LOCALI. UNICREDIT A PROCESSO AD ACQUI TERME CON L’ACCUSA DI TRUFFA AGGRAVATA

di Marcello Frisone
da “Il Sole 24 ore” del 22 novembre 2012

Dopo la Procura di Milano, anche quella di Acqui Terme decide di rinviare a giudizio una banca per i derivati venduti a un ente territoriale. Ieri, infatti, un alto funzionario di UniCredit e la stessa banca di Piazza Cordusio sono stati rinviati a giudizio (il processo si terrà l’11 luglio 2013) per il reato di truffa aggravata nei confronti del comune di Acqui Terme per i sei derivati venduti tra il 2004 e il 2006. [Continua a leggere →]

Il Gup del tribunale piemontese, Laura Galli, ha infatti accolto le richieste delle parti civili (tra cui Adusbef) rappresentate dall’avvocato Giuseppe Ciullo e del Pm Antonio Rustico che già nel novembre del 2009 aveva chiesto e ottenuto dal Gip il sequestro preventivo di 1.201.648 euro presso la sede milanese della Bayerische Hypo und Vereinsbank A.G. (Hvb, subentrata alla Ubm del gruppo UniCredit). Nonostante il Comune (non costituitosi parte civile) e la banca (interpellata ha fatto sapere che «nella convinzione che non sia stata commessa alcuna irregolarità, confida che in sede dibattimentale emergerà l’infondatezza delle accuse mosse») si fossero accordate stragiudizialmente nel giugno del 2010, il Gup ha configurato ugualmente la condotta illecita in capo agli indagati. Con la decisione di ieri, quindi, sono due i processi (l’altro è quello in corso a Milano) che vedono imputate banche che hanno venduto derivati a enti locali.

 La vicenda trova origine dall’esposto presentato in Procura nell’ottobre del 2008 dagli avvocati Ciullo e Bistolfi in difesa di alcuni cittadini acquesi intimoriti dalla forte esposizione debitoria (circa 2.100.000 euro) nei confronti di UniCredit a causa dei derivati. A seguito dell’attività investigativa la procura piemontese ha contestato al funzionario UniCredit (originariamente gli indagati erano sei) il reato di truffa aggravata ai danni di un ente pubblico (oltre le circostanze aggravanti di cui all’articolo 61, n.5, 7, 11) in quanto con la propria condotta ha messo in atto «artifici e raggiri» che «hanno indotto in errore» il Comune di Acqui Terme nello stipulare i sei derivati. A UniCredit, invece, la procura acquese ha contestato l’illecito amministrativo dell’inosservanza di modelli di organizzazione idonei a prevenire il rischio di reati (decreto legislativo 231 del 2001) con riferimento al reato di truffa aggravata. Anzi, per il Pm l’istituto di credito «sembra essersi dotato – data la ripetitività delle condotte e il coinvolgimento di numerosissimi enti pubblici nelle contrattazioni – di un modus operandi deliberatamente finalizzato a che i medesimi reati siano commessi». UniCredit, poi, avrebbe adoperato un vero e proprio occultamento del conflitto di interessi non dichiarando all’ente locale che si proponeva come consulente «tacendo la contemporanea qualità di futura parte contrattuale» (violando così l’articolo 27 del regolamento Consob 11522/98).

La banca di piazza Cordusio, inoltre, ha ottenuto dai rappresentanti dell’ente locale la firma della dichiarazione di operatore qualificato (articolo 31, regolamento Consob 11522/98) «senza che tale condizione sussistesse realmente» e senza rendere edotta la controparte che la firma l’avrebbe esposta alla mancanza di tutela predisposta dal legislatore nella contrattazione di valori mobiliari. Non solo. La banca avrebbe omesso di dichiarare la reale natura dell’upfront: cioè, che lo stesso non è una forma di anticipazione di credito ma una somma di denaro dovuta per riequilibrare – almeno nel momento della stipulazione del contratto – le posizioni dei contraenti, in particolare quella maggiormente svantaggiata, ovvero il Comune di Acqui Terme.

La banca avrebbe prospettato la “vantaggiosità” dei derivati e ingannato così l’ente locale. Infatti, si legge nel decreto di sequestro, emerge la difformità tra la reale natura degli swap («vere e proprie scommesse al buio sull’andamento dei tassi») e i termini in cui gli stessi furono proposti e presentati all’ente locale (dovevano essere dei contratti di copertura rispetto all’indebitamento dell’ente con la Cassa depositi e prestiti ammontante all’epoca a circa 40 milioni di euro). Infine, una “bacchettata” non manca agli amministratori pubblici che hanno avuto una «parziale responsabilità per la negligenza con cui tutta la tematica fu affrontata, semplicemente attratti dalla facilità di incasso immediato di contanti, sotto forma di upfront».

Link: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-11-21/derivati-enti-locali-unicredit-204445.shtml?uuid=AbimvC5G

23 Novembre 2012   Nessun commento

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